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Elena: a personal growth story


Bologuy

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Hello everyone! I'm writing a new story. Unfortunately, I'm not good at English, and I prefer to use my native language. I hope you can still enjoy it, even those who don't know Italian and will have to translate it.

 

Elena: una storia di crescita personale

Elena: a personal growth story

 

Parte I, capitolo 1

Stavo distrattamente guardando il telefono quando mi passò davanti una ragazza. Alzai lo sguardo e vidi che si dirigeva verso il validatore per le carte contactless. Lei ovviamente non fece caso a me, impegnata a cercare il bancomat nel portafoglio.

Se non avesse avuto la custodia del violino a tracolla non mi ci sarei soffermato nemmeno, invece cercai di guardare meglio per capire se la mia impressione fosse stata giusta. Peccato solo che si fosse diretta in avanti, cercando un posto dove sedersi. Lanciai un’ultima occhiata per vedere dove si era messa per poi rigirarmi facendo finta di nulla.

Conoscevo infatti una violinista che, guarda caso, abitava proprio nella periferia meridionale di Bologna. Ormai facevo quella linea tutti i giorni per andare al lavoro, avevo imparato a conoscere i frequentatori abituali. D’altronde chi fa il biglietto con la carta vuol dire che non ha l’abbonamento: probabilmente usa poco i mezzi pubblici o addirittura non sta in città.

Pensavo che, se fosse stata veramente lei, erano passati alcuni anni dall’ultima volta che ci eravamo incontrati. Nonostante ciò, ero quasi sicuro che fosse lei: avevo riconosciuto i lunghi capelli mossi, anche se non avevo potuto guardarla direttamente in volto. Sarei stato contento di rivederla dopo così tanto tempo. Ricordo che a scuola facevamo delle piacevoli conversazioni, anche se non ci frequentavamo così spesso.

Dunque mi alzai come per andare a chiedere qualcosa all’autista e passai di fronte a lei, senza guardarla. Stava ascoltando la musica dalle grosse cuffie lilla e non pareva fare caso a ciò che le succedeva attorno; notai però che aveva alzato la testa: probabilmente guardandomi mi aveva riconosciuto.

Tornai indietro e mi voltai verso di lei. Mi sorrise per salutarmi e ricambiai; nel frattempo si levò le cuffie.

«Ehiii! Come va?»

«Da quanto tempo!» feci io. «Tutto bene, e te?»

«Ma sì, tutto ok, finalmente torno a casa.»

Iniziammo a chiacchierare. Mi raccontò di come ormai a Ferrara aveva finito per quest’anno e avrebbe ripreso solo a settembre. Per come ne parlava pareva un po’ infastidita di come si trovava là, e di conseguenza era contenta di trovarsi a Bologna.

«Se sei in giro da queste parti dimmi qualcosa, magari prendiamo un caffè!»

«Certo, lo farò volentieri!»

Ci salutammo, con la promessa di rivederci. Poi lei si preparò, suonò il campanello e si pose di fronte alle porte d’uscita. Scese alla fermata sotto casa sua, mentre a me mancava ancora un pezzettino.

Mentre scendeva dal bus la osservai ancora un po’ mentre lei non se ne accorgeva. Diamine, a momenti non l’avrei neppure riconosciuta. Il suo sedere grosso ondeggiava nel camminare, stretto in pantaloncini di jeans forse troppo corti. Era ingrassata veramente tanto dall’ultima volta che l’avevo vista: avevo riconosciuto immediatamente i suoi piccoli occhi scuri, adesso incorniciati da un viso dolce e paffuto.

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Capitolo 2

Passò solamente qualche giorno. Mi arrivò una notifica su Instagram.

«Ehiii… sei molto impegnato questa settimana?»

Non risposi subito ovviamente. Dovevo almeno fingermi un minimo attendista. Tornai un attimo sui miei compiti e risposi mezz’ora dopo.

Mentre attendevo la sua risposta, ne approfittai per guardare il suo profilo. Effettivamente non pubblicava nulla da parecchi mesi, e le foto più recenti ritraevano solo paesaggi e cose così. Nessuna traccia del suo aspetto fisico (non che prima invece ostentasse il suo corpo sui social). Guardai quindi nelle foto taggate, e finalmente spuntò qualcosa di interessante. Era una sola foto, ma che bastava a stuzzicare i miei istinti: pubblicata da un account di un evento musicale, ritraeva Elena in lontananza mentre suonava il violino.

Nello stretto abito argentato si notava un fisico paffuto, per non dire proprio sovrappeso. La posizione di trequarti evidenziava sia il sedere rotondo che il rigonfiamento della pancia; ingrandendo poi si poteva notare persino il leggero doppio mento appoggiato sullo strumento musicale. La foto risaliva a pochi mesi prima, e indubbiamente era più magra rispetto a quando l’avevo incontrata sul bus.

Mi decisi dunque a risponderle, e ci accordammo per trovarci ad un bar comodo ad entrambi. Doveva essere una semplice colazione mattutina, non un appuntamento esagerato. Le proposi una delle pasticcerie più buone di Bologna e lei accettò.

Quella mattina arrivai qualche minuto in anticipo per prendere un tavolino comodo; nel frattempo mi misi a leggere il giornale. Non tardò molto ad arrivare, incrociai subito il suo sguardo: mi fece un sorriso raggiante.

«Prendi qualcosa?» le chiesi.

«Giusto un caffè…» fece mogia.

«Sicura…?» risposi io. Non ottenendo altra risposta che un mesto sorriso, mi alzai per andare al bancone per ordinare.

«Due caffè e un bombolone alla crema per me…» dissi alla cameriera. Non feci in tempo a concludere la frase che lei aggiunse subito: «prendimene un altro anche per me!». Questo segnale di un rapporto altalenante coi dolci mi incuriosiva. Avrei sicuramente avuto l’opportunità di comprendere questo e altri dettagli nel corso delle conversazioni future.

Era molto che non ci vedevamo e faticavamo un po’ a intraprendere una discussione; c’era quel sentimento di leggero imbarazzo che naturalmente sorgeva tra due persone non troppo (o non più) in confidenza.

Nonostante ciò, mentre le descrivevo del mio nuovo lavoro e degli ultimi mesi, lei mi parlava della sua vita ferrarese. Esprimeva una certa delusione mista anche ad un po’ di rabbia nel raccontare alcuni di quegli avvenimenti e le persone che le erano vicine. Ora invece sembrava sollevata dall’essersi allontanata da quell’ambiente, anche solo temporaneamente.

Mi ricordavo infatti che stava continuando gli studi superiori al Conservatorio di Ferrara; terminate le scuole superiori si era trasferita là. Ormai doveva aver concluso anche quelli, pensavo, e infatti mi disse che si era laureata nel novembre dell’anno precedente. Ora stava proseguendo per ottenere il titolo accademico più alto, che non so precisamente quale sia per gli AFAM* e quelle diavolerie varie.

Insomma ci aggiornammo sulle rispettive situazioni, chiacchierando del più e del meno e chiedendoci reciprocamente se sentissimo ancora quella o quell’altra persona. In particolare le chiesi di Clara, che ricordavo fosse una sua grande amica con la quale era andata a studiare a Ferrara; eppure fece per chiudere subito il discorso, come se non avesse piacere di parlarne.

Dopo un po’ ci salutammo con la promessa di risentirci al più presto, impegni permettendo. Ci lasciammo il numero di telefono, o per meglio dire confermammo l’un l’altro il proprio, avendolo già in rubrica.

 

*AFAM (Alta Formazione Artistica e Musicale) indica tutti gli studi superiori universitari di ambito artistico e musicale.

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Fa piacere leggere qualcosa nella nostra lingua, anche se ciò probabilmente allontanerà qualche lettore. Posso chiedere che cosa c'è di reale nella storia? Indubbiamente, incontrare una persona che non si è vista per tanto tempo e trovarla ingrassata è una delle soddisfazioni della vita.

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23 hours ago, groink said:

Fa piacere leggere qualcosa nella nostra lingua, anche se ciò probabilmente allontanerà qualche lettore. Posso chiedere che cosa c'è di reale nella storia? Indubbiamente, incontrare una persona che non si è vista per tanto tempo e trovarla ingrassata è una delle soddisfazioni della vita.

Ti ringrazio! La storia è frutto di fantasia, nonostante ciò ho cercato di renderla il più verosimile possibile, sia per quanto riguarda le ambientazioni che i personaggi. Anche se il narratore è in prima persona non si tratta di una vicenda autobiografica, è più una scelta stilistica.

A breve pubblicherò il prossimo capitolo!

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Capitolo 3

A questo giro fui io a fare il primo passo. Giovedì notte, in orario da dopo cena, le scrissi chiedendole se la sera dopo aveva già impegni, mentre io ero rimasto solo e non sapevo che fare. Le avevo spiegato che il coinquilino usciva con la ragazza mentre gli altri amici erano ad un compleanno al mare, almeno quelli che al sabato non lavorano.

Per fortuna mi rispose positivamente; anche lei non aveva deciso cosa fare precisamente, e mi disse che aveva piacere ad uscire anche solo per un aperitivo. Ci accordammo dunque per trovarci il giorno dopo alle 18 in un localino tranquillo del centro.

All’appuntamento si presentò in maniera sbalorditiva. Ricordavo la sua eleganza nel vestire: mentre altre ragazze vestite alla stessa maniera sarebbero risultate appariscenti, lei rimaneva comunque sorprendentemente discreta. Aveva dei pantaloni di pelle nera, a dire il vero anche parecchio stretti, e sopra una larghissima camicia bianca di lino, leggera ma non trasparente, copriva interamente il busto, nascondendo anche il sedere. Ero sicuro però che sotto a quella camicia c’era una grossa pancia costretta dalla cerniera dei pantaloni. Le sue dimensioni infatti non potevano ingannare: era incredibile pensare come il suo girovita fosse di fatto raddoppiato rispetto a quando l’avevo conosciuta.

Ci sedemmo al tavolino, io ordinai un Negroni mentre lei un Hugo. Parlammo molto amichevolmente, e così i cocktail si seguivano uno dopo l’altro, sia per me che per lei. Era piacevole vedere che non si vergognasse di bere troppo o di darsi un contegno. Tuttavia non potei fare a meno di notare che rifiutava di mangiare le patatine e gli altri stuzzichini che ci avevano servito. Al che le dissi esplicitamente: «Mangia qualcosa! Altrimenti faccio tutto da solo…» ma lei fece un gesto con la mano come per dire “non mi va”. Anche l’espressione facciale era subito mutata.

Capii di aver toccato un tasto dolente e me ne scusai. Lei rispose minimizzando un po’ la cosa, facendo capire di aver reagito in maniera esagerata. Bastò un sorriso di entrambi per stemperare la tensione.

Al che chiesi, in maniera un po’ ironica: «Non so te, ma a me sta venendo fame… a questo punto però non so se posso chiederti di andare a mangiare qualcosa.»

Elena non mi rispose subito, ma guardò un attimo il telefono, in maniera pensierosa. Poi quando si rese conto dell’orario saltò su: «Cavoli ma sono già le 20 passate!» Ci guardammo con fare interrogativo, cercando di capire cosa volesse l’un l’altro. Fu lei a prendere l’iniziativa e mi disse: «Beh, io non ho impegni… se conosci un buon posto nelle vicinanze…»

Allorché le risposi: «C’è una pizzeria qui nei dintorni… se ti accontenti…»

«Certo, per me non è un problema»

Ci alzammo e andammo a pagare. Mentre camminavamo verso il locale non potevo fare a meno delle dimensioni della ragazza che mi stava accompagnando. La sua vita era più larga delle spalle…

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Capitolo 4

In pizzeria andò tutto liscio. Lei prese una semplice marinara, io invece la mia solita prosciutto e patate al forno. Usciti dal locale eravamo entrambi un po’ brilli: decidemmo comunque di proseguire la nostra ebrezza in un bar poco distante.

Giuro che con poche altre persone mi sono ritrovato a bere così tanto. Era insolito poi che una ragazza bevesse come me: per ogni cosa che prendevo, lei ne ordinava un’altra. E viceversa. Dunque non fu sorprendente ritrovarsi entrambi abbastanza ubriachi a ridere sguaiatamente.

Per fortuna ad un certo punto lasciammo il locale e cercammo di dirigersi verso l’autobus. Non eravamo al punto di barcollare, ma posso dire che camminare non era facilissimo, e ci sostenevamo l’un l’altra.

Una volta preso l’autobus notturno ci sedemmo e le risate passarono. Lei si accorse che era veramente molto tardi e mi chiese se potesse fermarsi da me: i suoi genitori ovviamente non sarebbero stati contenti di sentirla entrare in casa ubriaca. Le risposi che avevo un divano letto per gli ospiti e che quindi non c’era problema, anche se inizialmente mi prese un po’ alla sprovvista. Per fortuna il coinquilino doveva essere dalla sua ragazza, per cui non avremmo disturbato nessuno.

Lungo il viaggio l’umore era decisamente cambiato. Lei sembrava quasi un po’ triste, mentre io mi sentivo affaticato. Erano quasi le tre di notte ed eravamo in giro da nove ore…

Salimmo le scale del condominio con un po’ di spossatezza. Una volta entrati nell’appartamento, feci rapidamente vedere la sala ad Elena, la quale si lasciò cadere subito sul divano. Andai a prendere un bicchiere d’acqua in cucina e le chiesi se avesse bisogno di qualcosa, ma lei mi rispose laconicamente di no. Quando tornai mi sedetti vicino a lei e notai che stava fissando il vuoto.

Dopo poco si appoggiò verso di me e notai che stava lacrimando. Io dovetti fare un certo sforzo, perché non ero certamente abituato ad un contatto fisico così stretto con una ragazza, soprattutto in una tale tensione emotiva.

«Perdonami… è stato un periodo difficile ultimamente…» fece per scusarsi. La abbracciai, e cercai qualche parola per consolarla; invano però, perché subito riprese a parlare.

«Mi sento così brutta a volte… non c’è un ragazzo a cui piaccio…» singhiozzava.

«Ma non è vero…» le risposi io.

«Ma come! Ho preso 40 chili! Sono orribile! Grassa! Non posso piacere a nessuno!»

«Ma cosa dici! Calmati, su…» le risposi. Lei continuava a piangere, mettendosi le mani tra il viso e i capelli. A poco a poco i singhiozzi calarono.

«Hai bisogno di parlare? Ti ascolto volentieri» le feci. Lei si tranquillizzò un attimo, e mi chiese: «Sicuro? Non vorrei annoiarti o infastidirti…»

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Parte II

Capitolo 5

Elena dunque mi iniziò a raccontare sin da quando due anni prima aveva concluso le scuole superiori, ovvero più o meno dal periodo in cui non ci eravamo più visti.

All’epoca era una ragazza magra, o quantomeno in forma; in realtà non praticava attività fisica per via dei continui impegni musicali, se non quando usciva a correre la mattina presto, prima di andare a scuola, ma ciò non capitava frequentemente. Era lontana nel tempo, ma conservavo ancora una vaga impressione della sua figura snella contornata dalla fluente chioma scura.

Voleva trasferirsi a Ferrara per seguire meglio il conservatorio: le mancava solamente un anno alla laurea, ma fino a quel momento conciliare entrambe le cose era stato faticoso e il terzo anno era il più difficile. Dovette dunque cercare una casa. Trovò un monolocale molto comodo, nel centro storico, piccolo ma adeguato ai suoi bisogni; abbastanza vicino al conservatorio e con tutti i servizi necessari nelle vicinanze.

Il trasferimento da casa ebbe un impatto forte, soprattutto dato che gli studi non le davano tregua, nonostante non avesse più gli impegni scolastici. Si allenava col violino tutto il giorno, lasciandole poca voglia di cucinare e lavare i piatti. Molto più comodo ordinare la cena dai locali vicino a casa, pizzerie o rosticcerie che fossero.

Il conservatorio di Ferrara infatti aveva una serie di accordi con molti locali cittadini, i quali offrivano prezzi speciali e sconti agli studenti, specie se fuorisede. Il tutto era inserito in un piano organizzato dal comune, dagli esercenti e dalle istituzioni culturali denominato “Ferrara città del buon gusto” (a quanto pare, musicale o culinario non importava la differenza).

Quando non frequentava le lezioni o si esercitava, usciva coi compagni di conservatorio. Non aveva amicizie nella nuova città; aveva però la fortuna che con lei da Bologna veniva anche Clara, una ragazza che già conosceva e che col tempo strinsero una forte amicizia. Clara però non si trasferì a Ferrara e continuava a fare la pendolare, ritenendolo più comodo.

Nel gruppo che si era formato al conservatorio c’era anche un ragazzo, che studiava l’oboe, di nome Francesco. Nel giro di non molto tempo Elena si era innamorata di questo ragazzo napoletano, che però non pareva cogliere le avances della ragazza. Elena ne parlò con Clara, la quale le assicurò di aiutarla per riuscire a conquistarlo.

Arrivò la fine del semestre e con esso le vacanze natalizie. Stava andando tutto bene per Elena: i risultati accademici erano notevoli e le sembrava mancare veramente poco all’agognata laurea. Sembrava non dovesse preoccuparsi di nulla, e invece…

I risultati della sua indulgenza non si fecero attendere: nel giro di qualche mese aveva guadagnato un paio di chili. In realtà non si potevano notare, a maggior ragione sotto gli spessi abiti invernali. Elena stessa se ne accorse solo una volta tornata a Bologna: a casa non possedeva una bilancia.

Non si può negare che ci rimase un po’ male a scoprire che era passata dai soliti 57/58 kg a ben 61. “Pazienza, dovrò mettermi in riga d’ora in poi” pensava. “Ma solo una volta tornata a Ferrara. D’altronde è solo colpa della mia svogliatezza se ho messo su un po’ di peso”.

Passarono così le vacanze natalizie, tra cenoni e merendine varie. In effetti si godette quel periodo di pausa: non aveva esami a cui pensare e l’unica attività era piazzarsi sul divano e guardare la televisione o leggere. Il tempo inclemente e nevoso non lasciava nient’altro a disposizione.

Ogni tanto si sentiva per telefono con Francesco e non vedeva l’ora di incontrarlo di nuovo. Non aveva ancora avuto il coraggio di chiedergli di uscire da soli: come le diceva Clara, bisognava ancora attendere l’occasione giusta.

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Capitolo 6

Quando tornò a Ferrara però Elena aveva portato con sé altri due chiletti. Lei stessa non pareva soffrirne troppo, ma al contempo le dava un po’ fastidio scoprire l’inedita sensazione che le dava il grasso addominale. Pianificava continuamente la dieta rigorosa e gli esercizi fisici necessari a mettersi nuovamente in forma, ma era costretta a rimandarli a periodi meno impegnati. Il conservatorio la bloccava letteralmente: non faceva altro che studiare ed esercitarsi al violino. Quando aveva un po’ di tempo libero usciva con Clara, che le chiedeva continuamente di accompagnarla in giro per la città. Spesso mangiavano fuori assieme e facevano compere per i negozi. In mezzo alle continue faccende, Elena decise di comprare abiti adatti alla sua nuova taglia, almeno per il momento.

«Non ho intenzione di soffrire ancora per questi stupidi vestiti stretti» rimuginava. «Una volta che sarò dimagrita li venderò su Vinted».

Entrare nei jeans diventava sempre più difficile. Alcuni le si aggrappavano alle cosce e solo con molti sforzi riusciva a chiuderne la cerniera. I più piccoli non riusciva nemmeno ad indossarli: eppure fino a poco tempo fa le stavano perfetti. I chili accumulati ora erano ben visibili: la pancia le pareva un budino tremolante, mentre si era accorta che i seni ondeggiavano molto più rispetto a poco tempo fa. Era vero che non si era mai interessata del suo aspetto fisico, ma ora questo cambiamento iniziava a crearle qualche insicurezza.

Nel frattempo aveva conosciuto altre ragazze. Una in particolare era più grande e si chiamava Nicoletta. Nicoletta dava frequentemente una mano ad Elena, dandole suggerimenti per affrontare l’ultimo anno; man mano svilupparono una forte amicizia. Condividevano assieme le uscite in centro a fare shopping, un’attività di svago che iniziava a piacere ad Elena, anche per via del costante bisogno di abiti adeguati alla sua nuova taglia. Nicoletta però preferiva cucinare. Proveniva dalla Sicilia, e aveva trovato nella pasticceria un modo per affrontare la nostalgia di casa. Quando preparava i dolci tipici della sua regione li portava spesso ad Elena, con la scusa che non aveva nessun’altro che li mangiasse.

La preoccupazione principale di Elena rimanevano comunque gli studi, che proseguiva con zelo sotto la benedizione dei suoi insegnanti. Proprio notando in lei un particolare interesse, il suo docente relatore le affidò l’elaborazione di una ricerca scritta in etnomusicologia come tesi supplementare all’esercitazione finale.

Il tempo passava, ma le cose non andavano bene sul versante sentimentale. Infatti arrivò una tremenda delusione nei confronti di Francesco; scoprì infatti che si frequentava spesso con Clara. Iniziò a credere che lei non risultava tra i suoi interessi, dando immediatamente la colpa al suo recente cambiamento di fisico: ormai aveva circa 10 kg in più e si vedevano tutti. Gli abiti erano spesso troppo stretti e mettevano in risalto le sue curve. Avrebbe voluto dimagrire, o in alternativa, nascondere il suo corpo grasso in abiti più accoglienti, ma gli impegni non glielo permettevano. L’unico sostegno rimasto era Nicoletta e altre sue compagne di corso che aveva iniziato a frequentare.

Nicoletta nonostante sfornasse gustosi manicaretti degni delle migliori pasticcerie siciliane, risultava abbastanza immune dagli effetti sul suo fisico, forse merito di un metabolismo genetico molto sviluppato. Non poteva dirsi così per Elena che mentre assaporava i cannoli e le cassate della sua amica non poteva evitare di pensare alle conseguenze sul suo corpo.

D’altronde non pareva la sola in conservatorio. La politica della “città del buon gusto” sembrava avere una particolare presa sulle studentesse, rendendosi evidente col passare del tempo. Le ragazze che Elena aveva conosciuto e visto nei primi anni sembravano avere anche loro problemi di linea. Per esempio, la graziosa Marialuisa che arrivata a Ferrara dal Piemonte sfoggiava un fisico snello, ora si trovava costantemente a lottare con abiti troppo stretti a causa dell’allargamento progressivo del suo girovita.

Confrontandosi con diverse ragazze, era emerso che gli accordi tra i ristoranti ferraresi e il conservatorio avevano avuto un deciso impatto sul fisico delle giovani ragazze. Questo tema preoccupava molte ragazze, soprattutto in vista delle vacanze estive. Molte studentesse iniziavano a sentirsi inadeguate per il proprio aspetto; le conversazioni in merito si facevano sempre più intense. Elena probabilmente finché non si era trasferita a Ferrara non se n’era accorta, ma ora si poteva dire che anche lei stava subendo queste ripercussioni, con tutti gli interessi.

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Capitolo 7

La primavera passò veloce, tra l’ultima sessione di esami al conservatorio e i preparativi per la tesi. Nicoletta era rimasta l’unico supporto morale per Elena, soprattutto dopo che Clara si era definitivamente fidanzata con Francesco. La sua amica si era un attimo allontanata, lasciando Elena un poco amareggiata. Oltre agli impegni musicali, che la occupavano terribilmente, nel tempo libero amava fare shopping – d’altronde ne aveva costantemente bisogno, dato che i suoi vestiti vecchi non le stavano più – e si distraeva comprando nuovi abiti che valorizzassero la sua figura ormai definitivamente curvy.

Al conservatorio inoltre era vista come una personalità forte per via del suo stile e il suo atteggiamento disinvolto. Non le interessava particolarmente del giudizio altrui, per cui era normale per lei uscire coi pantaloni aderenti a campana con una semplice maglietta blu sopra e la giacca di pelle nera. Nel frattempo, le discussioni sorte tra le ragazze in proposito del peso e della propria immagine corporea si erano trasformate in veri e propri dibattiti. Ormai era solito ritrovarsi almeno una volta a settimana, in orario serale – comodo a tutte e ideale per un aperitivo – in cui discutere di questi problemi e scambiarsi consigli.

Alla fine della sessione, in procinto dell’ultimo esame, Elena era giunta a pesare quasi 70 kg. Non aveva voglia di passare l’estate in riviera come aveva sempre fatto, ormai quell’idea la annoiava. Preferiva rilassarsi in attesa di dover pensare alla laurea, studiando i libri necessari per la tesi e continuando a frequentare le sue amiche di Ferrara. Quella fu persino un’estate clemente, non troppo afosa per gli standard padani. Tuttavia, Clara si stava rendendo un poco antipatica agli occhi di Elena, specialmente dopo che le aveva “rubato” Francesco.

Francesco in realtà sembrava avesse piacere di vederla, mentre Clara mostrava evidenti segni di gelosia in sua presenza. Davanti al suo ragazzo infatti non esitava a lanciarle frecciatine anche piuttosto pesanti nei confronti del suo recente aumento di peso. Una volta Nicoletta, ascoltando il genere di battutine che rivolgeva nei suoi confronti, chiese ad Elena: «perché non le rispondi, scusa?» Lei rispose difendendola, dicendo che era il suo modo di scherzare.

La verità era che Elena non sempre si sentiva sicura del suo aspetto. Un giorno stava cercando di indossare dei pantaloni beige che non indossava da un po’; mentre stringeva la cintura all’altezza dell’ultimo buco, si guardò allo specchio e sospirò. Quando era arrivata a Ferrara aveva un fisico invidiabile, mentre adesso i rotoli di grasso si adagiavano sulla vita. I cambiamenti, così rapidi, nel suo stile di vita avevano assunto un impatto notevole sul suo corpo. Per certi versi era frustrante considerare che il suo amore per la musica e l’impegno negli studi avessero aperto la strada ad una trasformazione così complessa per lei.

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Capitolo 8

Passò anche l’estate; l’autunno si dimostrò psicologicamente pesante per Elena. Il chiodo fisso della tesi e i continui esercizi musicali tenevano impegnata la giovane musicista, la quale non aveva altro sfogo che i manicaretti preparati da Nicoletta. Il cibo in generale rimaneva la sua fonte di piacere, unico relax concesso dagli impegni martellanti, fossero essi legati al conservatorio o al gruppo di autocoscienza femminile.

Ovviamente ciò andava a scapito della sua forma fisica. In realtà ormai si trovava a suo agio nella nuova figura di ragazza curvy: in fondo pareva gradire i nuovi fianchi larghi, nonostante non fosse facile adattarsi a quel continuo cambiamento. Un giorno, provando a indossare una vecchia maglietta rosa, si accorse che nonostante il tessuto elastico in cotone, questa stringeva sul retro alle spalle, causandole un fastidio mai sperimentato prima. Faceva fatica ad alzare le braccia, di fatto non poteva indossarla. La maglietta non riusciva nemmeno a coprire la sua generosa pancia, che sporgeva morbida, ma non era questo a metterla a disagio. Soppesò i grossi seni e si rese conto che anche loro erano cresciuti. Si era formato persino qualche piccolo rotolino di grasso sotto le ascelle: le sembrava che non avesse più una zona del corpo che si non fosse trasformata.

Continuava a provare un certo imbarazzo di fronte ai ragazzi. Non si era tolta dalla testa l’idea che quell’aumento di peso, visto come sconsiderato e frutto della pigrizia, fosse stato il fattore discriminante nei confronti di Francesco. Un momento di consolazione lo otteneva dal gruppo di auto-aiuto che si svolgeva con regolarità in conservatorio; anche se ormai sarebbe più corretto definirle come vere e proprie assemblee femministe, dati gli argomenti toccati. Si discuteva infatti non solo più del mero cambiamento fisico o dell’accettazione di sé, ma si era arrivati a toccare temi come l’empowerment femminile e il ruolo delle donne nell’ambiente musicale.

D’altronde quella congregazione era cresciuta e non solo numericamente. Propagandando l’idea di abbattere gli opprimenti standard di bellezza femminili, si era formato un nutrito gruppo di giovani ragazze sovrappeso che esaltavano i propri fisici curvy e valorizzavano una cultura sana sul corpo e sul cibo. Accettando la diversità dei corpi, avevano accolto moltitudini di persone dalla snella Nicoletta alla più possente Giulia, ma anche casi atipici come Annalisa, una giovane matricola che in una sorta di illuminazione era ingrassata volontariamente di 20 kg.

Nel frattempo il rapporto con Clara si faceva sempre più freddo, e non per volontà di Elena. Le allusioni sull’aspetto fisico, da parte di quella che reputava un’amica, crescevano proporzionalmente all’aumento di peso di Elena. Clara non solo era gelosa di Francesco, ma le infastidiva il successo dell’amica: era prossima a laurearsi, mentre i suoi studi stavano andando maluccio, trascurati a favore della sua relazione amorosa.

Inoltre, non tollerava il gruppetto che si era formato intorno a lei: non riusciva proprio a capire cosa ci trovassero di bello quelle ragazze nei loro corpi sovrappeso; se fosse stata cicciona come loro, pensava, sarebbe caduta in depressione. Non a caso, se in questo periodo Elena progressivamente aveva guadagnato qualche chiletto, di converso Clara era dimagrita ancora, se ciò fosse stato possibile.

Arrivò finalmente il giorno della Laurea. L’esecuzione fu strepitosa e la tesi venne considerata dalla commissione come uno dei migliori elaborati di ricerca degli ultimi tempi: l’impegno e lo studio avevano ripagato. Certo, il prezzo pagato era ben visibile sul corpo della giovane, ma la gioia per lei fu incontenibile. La mattina stessa Elena aveva avuto un po’ di problemi a indossare il bell’abito verde che la stringeva troppo, ma alla fine aveva avuto la meglio anche sui vestiti. D’altronde, quel giorno di novembre era giunta a pesare ben 80 kg tondi.

 

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Capitolo 9

L’aumento di peso per Elena però non pareva arrestarsi. Una volta laureatasi aveva trovato posto nell’orchestra lirica cittadina, mentre proseguiva gli studi per il titolo accademico superiore. Nel corso dei mesi aveva guadagnato almeno un’altra decina di kg, se non di più. Ora la sua figura tonda pareva nettamente trasformata rispetto a qualche anno prima. I seni si erano fatti prosperosi; spalle e fianchi si erano allargati per ospitare i morbidi rotoli di grasso. Le cosce si erano ispessite e il sedere era molto più ampio, solido e curvo. Anche il viso era cambiato, con le guance paffute e un doppio mento che addolciva i lineamenti del volto.

Il portamento della ragazza tuttavia era mutato positivamente: poteva girare per il conservatorio a testa alta, rispettata dai docenti che vedevano in lei una promettente musicista; dalle compagne veniva riconosciuta come una figura ispiratrice, riferimento per le matricole e le neoiscritte. Percorreva i corridoi con grande sicurezza, indossando spesso uno stretto blazer nero sulle camicie bianche che costringevano la grossa pancia. Le gonne non troppo ampie esaltavano i fianchi grossi e il bel sedere. Aveva decisamente uno stile da modella plus size.

Nonostante ciò, Elena soffriva ancora la cotta per Francesco. Era devastante per lei vederlo solo assieme a Clara, la quale non le risparmiava feroci critiche sul suo aspetto fisico, nascoste solo velatamente da un vago e sottile umorismo. Clara d’altronde non aveva molto a cui pensare oltre al suo ragazzo; gli studi arrancavano e per lei la laurea era ancora lontana.

A dire il vero, anche la considerazione di Elena verso la sua figura oscillava tra l’insicurezza e la serenità: in occasione di un concerto insisteva a tutti i costi a voler indossare l’abito della laurea; per farlo, provò ad indossare alcuni indumenti costringenti in spandex. A suo dire le servivano a “migliorare il suo aspetto” e “modellare le sue curve”, ricevendo di contro una montagna di critiche da parte di Nicoletta. Nonostante tutti gli sforzi, l’intenzione di entrare nel vestito verde fallì miseramente. La cerniera non si chiudeva ed Elena riusciva a malapena a respirare, figurarsi a suonare. Nicoletta riuscì a convincere la sua amica a comprare un nuovo abito, dai riflessi argentati, di taglia 54; d’altro canto era ben conscia che girare per negozi la distraeva e la tranquillizzava.

Nel frattempo il rapporto tra Elena e Clara stava degenerando. La goccia che fece traboccare il vaso si ebbe durante il compleanno di Clara, che aveva organizzato una festicciola a casa sua. La festa si svolse nel suo salotto; non era nulla di che, si facevano due chiacchere e si sgranocchiava qualcosa. Al momento di andarsene Elena doveva recuperare il suo soprabito; Clara aveva posizionato l’attaccapanni in un angolo della sala, dietro ad un grosso armadio, in modo da avere più spazio per gli invitati.

Per andare dall’attaccapanni però bisognava passare tra l’armadio e un tavolo, in uno spazio piuttosto angusto; inutile dire che la figura massiccia di Elena rimase incastrata: dovette chiedere aiuto a Nicoletta per essere strattonata con forza. Clara non si lasciò scappare l’occasione, e fece un feroce commento a voce alta. Proprio mentre era impegnata a dimenarsi tra i due mobili, tutti si voltarono verso Elena, suscitando un momento di ilarità generale. La povera ragazza si vide gli sguardi dei presenti addosso a lei, provando un profondo imbarazzo. Si fermò un attimo ad osservare Clara, Francesco, i suoi amici: una volta visti i volti sorridenti, se non proprio qualche risatina, non resse più. Una volta uscita dalla difficile situazione, scappò via con le lacrime agli occhi, inseguita da Nicoletta, che nel frattempo malediceva tutti quanti.

A casa, Nicoletta cercò di consolare Elena: a suo parere Clara aveva ingegnato apposta quella situazione per metterla in ridicolo. Quel giorno fu l’ultima volta che Elena vide Clara, e di conseguenza anche Francesco.

Così Elena arrivò al periodo di crisi che stava attraversando. L’unica consolazione rimasta alla violinista erano i dolci di Nicoletta, con un ovvio impatto sul suo fisico. Aveva anche smesso di frequentare assiduamente le assemblee delle ragazze, complice anche il periodo estivo – molte ragazze infatti erano fuorisede, per cui erano tornate a casa propria. Per questi motivi ora si trovava a Bologna: aveva decisamente bisogno di cambiare aria.

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  • 2 weeks later...

Parte III

Capitolo 10

Il tempo volò mentre Elena mi raccontava tutto questo. Non ce n’eravamo accorti, ma si era fatta quasi l’alba. Dopo avermi narrato tutto ciò eravamo entrambi molto stanchi, ma se non altro lei pareva stare molto meglio. Non passò molto che lei sprofondò sul divano; allora chiusi la porta della sala e decisi anche io di andare a dormire.

Non ci riposammo molto in realtà; verso le 11 ci svegliammo entrambi. Per fortuna né io né lei avevamo impegni quella mattina. L’aspettai in cucina e le chiesi se volesse fare colazione. Lei sembrava parecchio spossata, ancora vestita con gli abiti della sera. La camicia era tutta stropicciata e immagino che dormire con quei pantaloni aderenti non fosse stato il massimo della comodità. Mi rispose dicendo che si andava a sciacquare la faccia e poi sarebbe tornata.

Mentre era in bagno le preparai un po’ di roba con quel che avevo in casa. Quando tornò sembrava quasi stupita dalla tavola imbandita: fette biscottate, burro, marmellata, yogurt, un bricco di latte, cereali e biscotti, la moka fumante di caffè. Mi guardò un poco imbarazzata, come per chiedermi il permesso per iniziare a mangiare: semplicemente le sorrisi e le posi le mani sulle spalle. Allora si voltò verso la tavola e iniziò a spalmarsi la marmellata su una fetta biscottata.

Rimasi di stucco di fronte al suo appetito: in non molto riuscì a finire la confezione di fette biscottate, mentre notai un calo impressionante nel vasetto di marmellata. I biscotti, pochi in realtà, erano terminati assieme ad una buona tazza di latte. Io nel frattempo mi ero versato il caffè mentre leggevo il bollettino settimanale del comune, giusto come scusa per non osservarla e metterla sotto pressione.

Terminata l’abbondante colazione si congedò, e ci promettemmo di rivederci il più presto. Senza troppe parole capimmo entrambi che c’era un reciproco interesse. Passò solo qualche ora che mi scrisse un messaggio con una sfilza di cuori: “mi sono trovata molto bene ieri sera con te. Ci rivediamo presto”

Ovviamente ci sentivamo per telefono e combinammo qualche uscita, che col passare del tempo diventarono sempre più frequenti. Lei aveva sviluppato una certa cotta nei miei confronti – forse stentava ancora a credere che un ragazzo potesse trovarla attraente – e da parte mia c’era un forte interesse nei suoi confronti. Era una ragazza così piacevole con cui uscire: molto colta, simpatica e più sicura di sé di quanto non pensassi.

Per quanto riguardava il suo aspetto fisico, non posso nascondere le mie iniziali perplessità; era comunque una ragazza notevole sotto tutti i punti di vista. Il suo fisico eccezionale mi colpiva in modo strano, provando fascino ed esitazione ad un tempo. Elena, nonostante il suo peso, rimaneva una splendida ragazza, dalle curve provocanti e dalle forme sensuali. Non esagero se ritengo ancora che difficilmente abbia incontrato altre persone così belle.

Col passare del tempo la sua iniziale insicurezza mentre mangiava di fronte a me gradualmente svanì. Ormai avevamo preso l’abitudine di girare per i giardini mangiando gelati (aveva una passione quasi insana per i gelati) oppure spesso ci trovavamo fuori a cena. Mi confidò anche le sue preoccupazioni: non mi nascose che in un mese che ci frequentavamo aveva comunque guadagnato un chilogrammo e mezzo. Alle sue insicurezze cercai di confortarla il più possibile. Le spiegai sinceramente che il suo peso corporeo non era importante per me: ciò che mi premeva era che lei stesse bene.

 

Passammo praticamente tutta l’estate insieme. Un giorno, quando il periodo delle vacanze si stava avviando alla conclusione, stavamo passeggiando assieme lungo le strade deserte per la città. Elena indossava un ampio vestito chiaro che lasciava solo trasparire le sue abbondanti curve. Il ventre prominente era stretto da una grossa cintura, mentre i seni erano racchiusi con delicatezza, e doveva sistemarsi continuamente il decolleté per evitare che uscissero pericolosamente.

Durante questa camminata ad una certa mi disse:

«Non voglio tornare a Ferrara.»

«Perché?» gli chiesi.

«Mi trovo meglio a Bologna. E poi tu abiti qua. Come faremo a vederci?»

«Ma ti verrò a trovare! Perché non vuoi tornare? Non vuoi rivedere Nicoletta, le tue amiche?»

«Nicoletta è ancora in Sicilia. È vero che un po’ mi manca, ma preferisco la tua compagnia…»

«E il gruppo femminista? Non vorrai mica abbandonarlo?»

«Le ragazze se la caveranno da sole. Poi non è mica merito mio, e anche se fosse, non c’è bisogno che le stia dietro come una madre…»

«Ti sei trasferita a Ferrara per seguire meglio gli studi… ora non vuoi tornare?»

«Sì, ma guarda i risultati!» e afferrò con le mani il rotolo di grasso della pancia.

«Smettila… sai anche te di mentire.»

«È vero. La verità è che a Ferrara ci sta Clara.»

Seguì un attimo di silenzio.

«E Francesco.» aggiunse.

«Non sei costretta a incontrarli. Ci sarà un modo per evitarli.»

«Clara a novembre si laurea. Non credo mi inviterà.»

«Volevi andare alla sua laurea?»

«Snì» mugolò.

«Sai che in realtà vorrei conoscerli?»

Elena cambiò completamente espressione. Si fermò per un attimo e mi fulminò con uno sguardo agitato: «Ma sei scemo?»

«Sono sincero. Ma in realtà voglio conoscere le tue amiche, a partire da Nicoletta. E sì, anche Clara e Francesco. Perché non dovrei? Mi hai raccontato talmente tante cose di loro che probabilmente non sanno nemmeno le loro madri.»

Elena non rispose subito. Dopo un po’ mi chiese:

«Mi prometti che mi verrai a trovare a Ferrara?»

«Ma certo! E molto volentieri. Sono curioso di vedere casa tua.»

Lei sorrise, e smise di parlare.

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Capitolo 11

Con l’inizio delle lezioni, pur riluttante, Elena tornò a Ferrara. Meno di una settimana dopo ero già a casa sua. Passammo la notte insieme: per fortuna aveva un letto matrimoniale. Le assi cigolavano un po’, ma in fondo fu divertente.

Pian piano mi presentò tutte le sue amiche. Ovviamente non potevo andare agli incontri femministi, ma mi fece conoscere le amiche in cui aveva trovato un forte sostegno nei periodi più bui. C’era Annalisa, una graziosa biondina dalla figura a pera che pareva esibire con profonda soddisfazione: i pantaloncini da ginnastica le stavano veramente stretti, e sopra indossava un semplice top sportivo che lasciava scoperta la zona adiposa addominale. Giulia era una robusta ragazza dai capelli neri che vestiva prevalentemente di scuro: la pelle pallida faceva contrasto con il giubbotto di pelle chiuso che esaltava le curve.

Poi conobbi Nicoletta. Dalla descrizione che mi aveva fatto me l’immaginavo più magra; compresi solo a pranzo il veloce metabolismo di cui godeva. Mangiava quasi il doppio di una persona normale, con un’estrema voracità, eppure il suo corpo rimaneva soltanto leggermente gonfio.

Infine riuscii a chiedere ad Elena di invitare a casa Francesco e Clara. Non ero geloso nei confronti di Francesco, ma possedevo una insana curiosità nei loro confronti. Dopo aver sentito parlare così tanto di loro, in maniera piuttosto negativa tra l’altro, stimolava in me un sentimento strano. Volevo sapere che tipo di persona fosse Clara; Elena nel descriverla non era obiettiva, ancora in parte la difendeva, nonostante fosse ben conscia del trattamento che aveva ricevuto da lei. Organizzò dunque un pranzo, una cosa semplice. Lei era palesemente nervosa, soprattutto perché non la vedeva da tempo.

A mezzogiorno e un quarto arrivò una ragazzetta bassa, scheletrica, dallo sguardo consumato. Non esattamente il ritratto della serenità: guardandola pensai che dovesse essere stata la cattiveria ad averla conciata così. Dietro di lei un bel ragazzo alto, castano, dal sorriso allegro ma allo stesso tempo con uno sguardo vacuo.

In effetti, c’era da aspettarselo, il pranzo non fu un granché. Clara non faceva altro che aggiornare Elena di tutti i pettegolezzi accaduti durante l’estate; Federico dal canto suo non riusciva a concludere un discorso sensato. Pareva che non avesse opinioni su qualsiasi cosa dello scibile umano, era difficile intrattenersi con lui. Nelle pause di silenzio la coppietta si stringeva in una maniera forse anche un po’ viscida.

Non si fermarono a lungo in realtà, anche perché io dovevo prendere il treno per tornare a Bologna. Si congedarono e aspettai che uscissero. Elena mi guardò, come per chiedermi: “e ora che li hai conosciuti?” Le sorrisi, affermando la mia soddisfazione nell’averli incontrati.

«Pensavo gli volessi parlare, o che dicessi almeno qualcosa.»

«Ma no, cosa vuoi dirgli. Mi pare chiaro che Francesco sia di fatto succube di lei, e non fanno altro che pensare a sé stessi. Clara poi è veramente maliziosa: sono contento tu sia riuscita ad allontanarti da loro.»

Poi aggiunsi: «Posso capire che provassi qualcosa per Francesco… ma senza malizia, secondo me è una fortuna che non si sia messo con te… dev’essere una tale noia!»

Elena si mise a ridacchiare. Poi soffermò lo sguardo sull’orologio e mi fece: «Sei in ritardo! Perderai il treno!»

Dunque mi preparai in fretta, la salutai con un bacio sulla fronte e uscii.

Non feci in tempo a fare che qualche passo quando mi imbattei immediatamente in Francesco e Clara. In realtà, loro non si accorsero di me, poiché stavano continuando a parlare. So di essere una persona orrenda, ma non potei fare a meno di girare l'angolo e mettermi ad origliare di nascosto da dietro il muro.

«Un po’ scemotto il tipo di Elena, non trovi?» diceva Clara. Francesco si limitava ad annuire mentre toglieva la catena dal motorino.

«Chissà come fa a scoparsi una cicciona del genere… ce n’è di gente strana al mondo eh… Se poi sapesse che in fondo è merito mio!»

Nonostante mi disgustasse ascoltare quel discorso perfido, oltre che profondamente stupido, non potevo resistere: intuii subito che potevo carpire qualcosa di importante.

«Sì dai te l’ho pure spiegato!» sgridava Clara al consorte. «Siccome avevo paura che ti piacesse Elena… ora fa un po’ ridere se ci pensi… ecco, per questo ho pensato bene che facendola ingrassare me la toglievo di torno.»

La ragazza parlava con estrema soddisfazione delle malefatte che aveva compiuto. Si soffermò pure sui dettagli, traendo dal suo discorso un sinistro appagamento.

«Ho cercato di circuirla… la facevo mangiare il più possibile, e quando mi chiedeva se potesse farle qualcosa negavo tutto. “no ma stai un portento… no ma questo è dietetico…” tutte balle. Provavo un piacere strano nel farlo… e pensare che probabilmente non è nemmeno servito! Perché tu mi ami sin dal primo momento, vero tesorino?» disse guardando Francesco, con tono mellifluo. Non ricevendo risposta concluse: «Però in fondo fa ridere… chi l’avrebbe mai detto che sarebbe diventata una tale balena?»

Clara finalmente si zittì nel momento di indossare il casco. Francesco pareva sostanzialmente indifferente di fronte a ciò che diceva: chissà quante volte si era dovuto sorbire discorsi del genere. Il suo volto però faceva trasparire quasi una forma di disgusto nei confronti di quei comportamenti manipolatori.

Ero veramente inorridito da ciò che avevo sentito. Non potevo più a tornare a casa: dovevo tornare da Elena a raccontarle ciò. Avevo capito che Clara non fosse una così brava ragazza, ma qui si toccava veramente il fondo… ciò che mi turbava veramente però era il fatto che era stata lei a portare Elena in quelle condizioni. Eppure, eppure… questo mi faceva pensare ad Elena, alla sua figura graziosa, ai suoi seni pieni, alle sue curve morbide… questo complotto, questa cattiveria, è stato in fondo qualcosa di positivo o di negativo…? I pensieri mi vorticavano nel cervello, ancora stordito da ciò che avevo finito di ascoltare.

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  • 2 weeks later...

Capitolo 12

Bussai alla porta di casa in maniera nervosa. Elena si spaventò quasi a sentirmi al citofono: ovviamente non si aspettava che tornassi indietro.

«Ti devo raccontare una cosa…» le dissi in maniera svelta, sedendomi e guardandola in viso. Lei comprese il mio stato d’animo e mi porse un bicchiere d’acqua.

Quando ebbi finito di raccontare ciò che avevo udito, lei era seduta di fianco a me. Era esterrefatta, e non riusciva ancora a crederci. Si mise le mani davanti agli occhi e scoppiò in pianto. Io ero pieno di rabbia, ma non sapevo come reagire, su chi sfogarmi. Era ovvio che tutto il mio odio fosse rivolto verso Clara, ma d’altronde non avrei potuto fare molto: non potevo certo sfidarla a duello per l’onore, o anche solo diffondere questa voce in giro.

Quando mi ebbi tranquillizzato un attimo mi rivolsi verso Elena, che stava ancora piangendo. La abbracciai e le dissi: «Non importa. Non fare così. Sei una persona splendida, la più carina che abbia mai incontrato.» Dopo svariati minuti i singhiozzi si placarono a poco a poco, e riprese fiato.

Ci guardammo negli occhi e ci scambiammo un bacio. Poi le promisi che io ci sarei sempre stata al suo fianco, e le ribadii che del suo aspetto fisico non mi importava. Anzi, in un furore descrittivo elogiai il suo fisico morbido, e lei quasi arrossì per l’imbarazzo.

Quando Elena si riprese del tutto decise di chiamare Nicoletta, la quale arrivò il più in fretta possibile. Anche Nicoletta si spese in parole di conforto verso l’amica, ma non poteva evitare di essere stizzita.

«Te lo dissi sin da subito! E tu la continuavi a giustificare!» le diceva.

«È una stronza, si è comportata così sin da subito. Mi dispiace che te ne sia accorta solo ora… d’altronde non pensavo nemmeno che potesse essere capace di fare tali cose.»

«Ma quindi se sono grassa» Elena tirò su col naso, indicando il proprio corpo «se sono così cicciona è per colpa sua? E io non me ne sono resa conto…»

«Ma no, saranno stati tanti fattori… voglio dire: tu ti piaci così no? Hai costruito un gruppo di mutuo aiuto sull’accettazione di sé e sull’autostima femminile. Settimana prossima hai un’intervista sul movimento universitario sul body positive da un giornalista del Resto del Carlino!»

«Sì…» rispose mogia Elena.

«Allora! Secondo me, se sei grassa è perché… l’hai voluto. Anche inconsciamente. Me lo dicevi sin da subito, non ti interessava del tuo corpo e preferivi comprare nuovi vestiti piuttosto che metterti a fare sport faticosi. Clara non c’entra niente, è solo una stronza e faresti meglio a non pensarci.»

Nicoletta guardò l’amica, che non pareva del tutto convinta.

«Il vero problema è sempre stato Francesco, non è vero?» le fece con tono interrogatorio. Elena scosse la testa come per dire sì.

«Beh, sai come la penso. A parte che ha perso un’ottima occasione, ma soprattutto, se Francesco è così stupido da stare con una persona del genere, beh, sicuramente non ti merita. Per cui, non ti sei persa proprio nulla, e le preoccupazioni verso il tuo corpo dipendono solamente dall’accettazione sua.»

«Secondo me ha ragione» aggiunsi io. «Devi anche pensare che questo tuo cambiamento fisico… beh è stato il motivo per cui sei arrivata fin qua. Non hai bisogno dell’approvazione altrui! Lo dimostri tutti i giorni, e hai addirittura sostenuto le tue amiche e compagne di corso quando loro avevano i tuoi stessi problemi.»

Elena ne uscì visibilmente confortata da questi discorsi. Ci abbracciò e ci ringraziò. Ora si sentiva più serena, consapevole che aveva in noi un sicuro appoggio.

 

Capitolo 13

Clara e Francesco stavano prendendo un caffè, seduti ad un tavolino fuori da un bar, nonostante il freddo invernale. Lei come al solito blaterava e Francesco solo apparentemente stava seguendo, con aria indifferente e nemmeno molto concentrata.

Ad un certo punto Clara vide passare una sua collega di corso, Stefania. Aspettò che andasse via e subito disse:

«Hai visto? Anche lei ha preso su un bel po’ di peso! Guardala, ha messo su un culo che fa provincia! che abbia iniziato a frequentare il gruppo delle ciccione?»

Francesco come al solito non ci fece troppo caso, come a tutto ciò che diceva Clara. Poi però ebbe una sorta di epifania. Stefania era una bella ragazza: aveva notato anche lui che era ingrassata un po’, ma sinceramente quel paio di chili non avevano fatto che addolcire il suo bel sedere.

A partire da questo ragionamento, Francesco iniziò a riflettere sulla quantità di cattiverie che la sua ragazza sentenziava in continuazione. Mentre pensava in silenzio aggrottò il volto, ma quando Clara si accorse che non la stava ascoltando lo rimproverò.

«Ehi! Ma mi stai ascoltando testa di coccio?»

Al che Francesco fece come per svegliarsi di colpo, osservò incarognito Clara e le disse:

«Ma ti rendi conto delle cazzate che sputi di continuo?»

Clara ci rimase un attimo male, restando senza parole. Poi lo riprese:

«Beh, non mi sembra che tu abbia qualcosa di intelligente da dire!»

Francesco inizialmente non reagì, così che Clara proseguì nel suo monologo. Dopo pochi minuti però lui si alzò e disse, guardandola solo di sfuggita: «Vado a pagare e torno a casa. Ci vediamo domani»

Lei rimase impietrita: non si sarebbe mai aspettata una reazione del genere. Rimase ferma al tavolino, in silenzio, non sapendo che fare. Quando ormai Francesco se n’era andato, provò a chiamarlo al telefono, ma non ottenne risposta.

Francesco s’incamminò verso casa, scansando i mucchi di neve con un certo nervosismo. Teneva le mani in tasca non tanto per il freddo ma quasi per non volerle utilizzare: avrebbe ben volentieri malmenato qualcuno. Cosa gli era capitato? Non stava ben comprendendo. Forse semplicemente si era stufato di ascoltare quella persona malvagia. Pensò a quando l’aveva conosciuta: non era così. Di fronte a sé, a quel tavolino, non aveva più Clara, ma una sgraziata ragazzetta, smunta e asciutta, che prendeva in giro la gente con cui usciva e che frequentava. Così era accaduto con Elena. Francesco ricordò che ci rimase parecchio male quando Clara le impediva di vedere Elena, ma lui era troppo preso dalla sua relazione per poter reagire in qualche modo.

Il giorno dopo, stemperate le tensioni, Clara andò a trovare Francesco a casa sua.

«Ti sei calmato?» Fece Clara.

«Sì» rispose secco Francesco. Poi le chiese, in maniera un po’ stizzita: «Rispiegami quella cosa di Elena, che l’hai fatta ingrassare»

Clara rispiegò, con tono un po’ saccente, tutta la situazione. Dopo tanto tempo, Francesco pareva ascoltare ciò che diceva, però ora con un atteggiamento preoccupato. Clara le raccontò tutto: scese nei minimi dettagli, descrivendo minuziosamente quella che per lei era stata una perfetta strategia per conquistare lui.

Le raccontò di come lentamente aveva piegato le sue abitudini alimentari; di come l’aveva convinta a dedicarsi allo studio e a preferire le attività sedentarie piuttosto che l’esercizio fisico; di come l’aveva ingannata subdolamente, promettendole di aiutarla nel conquistare Francesco mentre lei ci stava provando a sua insaputa.

Ovviamente Francesco non fu contento di questo resoconto. In particolare, non gli piaceva affatto di essere stato inserito in mezzo a questo piano cattivo. Forse all’inizio non se n’era accorto, o aveva preferito far finta di niente, ma ora si sentiva in colpa nonostante non avesse delle responsabilità dirette. Stava provando un forte rimorso per ciò che era accaduto, e ciò gli rendeva ancora più intollerabile Clara e la sua posizione.

Quando Clara ebbe finito si aspettava parole di riconoscimento. Invece Francesco fu severissimo nel suo breve discorso:

«Bene. Sappi che d’ora in poi tra noi due è finita. Non sopporto più avere a che fare con te: una misera persona, meschina ed egoista. Non so come abbia fatto in tutto questo tempo a non rendermi conto delle tue malefatte. Ora esci fuori da qui e non farti più rivedere.»

Ovviamente Clara non la prese bene. Rimase di stucco di fronte a quelle parole pesanti. Non si aspettava che qualcuno le potesse dire qualcosa del genere, men che meno il suo amato ragazzo. Ma non ebbe troppo tempo per rifletterci sopra, poiché in brevissimo tempo si ritrovò fuori di casa. In mezzo ad una tempesta di neve. Completamente sola.

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  • 2 weeks later...

Capitolo 14

Ero in casa quando Francesco bussò alla porta di Elena. Nessuno di noi se lo aspettava, ovviamente. Lo facemmo accomodare: le temperature erano bruscamente calate e fuori nevicava. Quando mi vide era un po’ intimorito, almeno inizialmente; poi si sedette e si rivolse ad Elena, con naturalezza.

«Credo di doverti le mie scuse. Sinceramente non so come ho fatto a rendermi conto solo adesso del mio atteggiamento passivo davanti a molte cose orrende.»

Lo guardammo con attenzione: pareva sincero. Dunque riprese il discorso: «Non parlo solo dell’atteggiamento geloso di Clara, e delle sue battute sul tuo fisico. Ho scoperto che si è comportata veramente male in passato. Non so quanto ne fossi cosciente ma…»

Elena comprese subito. Lo interruppe: «Sì, l’ho scoperto in realtà non molto tempo fa. Mi ha fatto molto male.»

Francesco chinò il capo e si incupì. «Prosegui pure.» le disse Elena.

«Sono profondamente mortificato. Non ho dato peso a certe cose, a certi aspetti… mi dispiace. Volevo solo dirti che ho rotto con Clara, e non ho intenzione di vederla più per molto tempo. Non voglio più avere a che fare con lei. Non te lo dico perché sono in cerca di una redenzione… semplicemente non potevo sostenere questo peso, una volta scoperto. Vorrei soltanto dirti che non sono responsabile di ciò che ha fatto verso di te, e che non potevo sapere che io ti piacessi… insomma…»

Fece una pausa e mi guardò. Aveva evidentemente paura di andare a toccare tasti scomodi e cercava nel mio sguardo un qualche segnale. Io lo guardai sereno, e per tranquillizzarlo gli dissi: «non preoccuparti. Sono cose accadute un sacco di tempo fa. Sono certo che non sei qui per provarci con Elena»

Sorrise, compiaciuto d’essere stato compreso. Poi rivolse lo sguardo verso Elena, la quale gli disse: «Francesco, ti perdono. So che non è stata colpa tua. È vero che tempo fa provavo qualcosa per te… ma come vedi ho trovato qualcuno che mi apprezza per ciò che sono. Sono contento che tu sia riuscito ad allontanarti da una persona tossica come Clara.»

Passò qualche minuto di silenzio. Francesco si alzò e fece: «Comunque non vorrei dare altri disturbi. Forse è meglio che me ne vada.»

Stava per prendere il cappotto quando Elena lo fermò: «Rimani pure. Non dai fastidio. Vuoi qualcosa? Una tazza di cioccolata calda?»

Francesco ringraziò e si rimise a sedere, quasi incredulo che Elena avesse potuto perdonarlo. In realtà le fece un grande favore: da quel momento cessò ogni preoccupazione sul suo aspetto fisico. Col tempo instaurarono una forte amicizia.

Capitolo 15

Elena da quel giorno era visibilmente più serena. Ormai era una donna di successo: si avviava ad una grandiosa carriera. Le giovani studentesse del conservatorio, fossero sovrappeso o meno, guardavano a lei come una persona da prendere a esempio.

Quanto a noi, beh, nel giro di poco ci fidanzammo ufficialmente. Durante la nostra frequentazione lei era lievitata ancora un po’. Aveva raggiunto la soglia dei 100 kg. Ma quello forse fu l’ultima preoccupazione in proposito.

Ricordo ancora bene la scena di quando Elena uscì quasi terrorizzata dal bagno, dopo aver letto il proprio peso a tripla cifra. Corse da me e mi disse: «Peso più di un quintale!» Indossava una tuta grigia, un abbigliamento confortevole per stare in casa. Il tessuto morbido dei pantaloni avvolgeva le grosse cosce e le stringeva la pancia all’altezza dell’ombelico; la fascia elastica premeva contro il grasso addominale, lasciando sospesi i corti cordini. Sopra, una felpa oversize plasmava il suo petto robusto coi grossi seni rotondi.

Inizialmente anche io ci rimasi un po’; poi sorrisi, la abbracciai e le confidai: «Insomma! Sai che un numero non rappresenta la tua bellezza! Non devi preoccuparti. Io ti amo così come sei.» Elena si sciolse un po’, fece scendere due lacrime e poi si mise a ridere. Aggiunsi: «Se vuoi dimagrire, ti aiuterò nel farlo. Ma lo sai bene, io ti adoro così. Devi semplicemente stare bene con te stessa.»

«Ti devo raccontare un sogno» mi rivelò.

«Non ricordo molto, solo stavo passeggiando in città, per andare al conservatorio, credo. Ad un certo punto, non so come, iniziavo a gonfiarmi. Pian piano diventavo sempre più grassa. Ero sempre più grande fino al punto che facevo fatica a camminare, e la mia pancia era diventata enorme! Non riuscivo nemmeno più a vedermi i piedi, e ansimavo, mentre i vestiti erano sempre più stretti e mi stringevano e…»

La guardai e le dissi: «Ma cara! Che brutto incubo. Hai fatto bene a parlarne…» Ne discutemmo un po’: le dissi esplicitamente che non volevo farla ingrassare apposta, e le ribadii che l’avrei supportata sia che volesse seguire una dieta per dimagrire o qualsiasi altra cosa. Alla fine lei ne uscii rasserenata. Non aveva intenzione di dimagrire, ma avrebbe preferito non aumentare la tendenza ad ingrassare. Col tempo stabilimmo insieme alcune regole che l’aiutarono a mantenere quel peso.

Elena aveva accumulato oltre 40 kg nel corso di questa storia, ma alla fine non era stata la trasformazione più pesante che aveva vissuto.

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The story ends here.

As they suggested, I try to leave an English translation made with an automatic translator; I hope it remains an enjoyable read.

Below is the first part.

 

Part I
Chapter 1

I was absentmindedly looking at my phone when a girl passed me. I looked up and saw him heading towards the contactless card validator. She obviously didn't pay any attention to me, busy looking for the cash card in her wallet.
If he hadn't had the violin case slung over his shoulder I wouldn't have even stopped to think about it, instead I tried to look closer to understand if my impression had been right. It's just a shame that she had headed forward, looking for a place to sit. I took one last look to see where she was and then turned around pretending nothing had happened.
In fact, I knew a violinist who, coincidentally, lived right on the southern suburbs of Bologna. By now I took that line every day to go to work, I had learned to know the regulars. On the other hand, anyone who buys a ticket with a card means that they don't have a season ticket: they probably don't use public transport much or don't even stay in the city.
I thought that if it was really her, it had been a few years since we last met. Despite this, I was almost sure it was her: I recognized her long curly hair, even if I couldn't look directly at her face. I would have been happy to see her again after so long. I remember that we had nice conversations at school, even though we didn't see each other that often.
So I got up as if to go and ask the driver something and passed in front of her, without looking at her. She was listening to music through large lilac headphones and didn't seem to notice what was happening around her; However, I noticed that he had raised his head: probably by looking at me he had recognized me.
I walked back and turned to her. She smiled at me in greeting, and I smiled back; in the meantime she took off his headphones.
«Hey! How is it going?»
«How long!» I did. «Everything is good and you?»
«But yes, everything is ok, I'm finally going home.»
We started chatting. She told me how he had now finished in Ferrara for this year and would only resume in September. From the way she talked about it, she seemed a little annoyed at how she was there, and consequently she was happy to be in Bologna.
«If you're around here, tell me something, maybe we'll have a coffee!»
«Of course, I'll gladly do it!»
We said goodbye, with the promise of seeing each other again. Then she got ready, rang the bell and stood in front of the exit doors. She got off at the stop under his house, while I was still missing a little bit.
As she got off the bus I watched her some more while she didn't notice. Hell, there were moments I wouldn't even recognize her. Her big ass swayed as she walked, squeezed into perhaps too short denim shorts. She had put on a lot of weight since the last time I had seen her: I immediately recognized her small dark eyes, now framed by a sweet, plump face.

Chapter 2
Only a few days passed. I received a notification on Instagram.
« Hey … are you very busy this week?»
Obviously I didn't answer right away. I had to at least pretend to be at least a wait-and-see. I went back to my homework for a moment and responded half an hour later.
While I waited for his response, I took the opportunity to look at her profile. She hadn't posted anything in several months, and the most recent photos were just landscapes and things like that. No trace of her physical appearance (not that she previously flaunted her body on social media). I then looked in the tagged photos, and finally something interesting popped up. It was only one photo, but it was enough to whet my instincts: published by an account of a musical event, it portrayed Elena in the distance while playing the violin.
In the tight silver dress you could see a plump, not to mention overweight, physique. The three-quarter position highlighted both the round butt and the bulge of the belly; then zooming in you could even notice the slight double chin resting on the musical instrument. The photo was from a few months earlier, and she was undoubtedly thinner than when I met her on the bus.
So I decided to answer her, and we agreed to meet at a bar that was convenient for both of us. It was supposed to be a simple morning breakfast, not an over-the-top date. I proposed one of the best pastry shops in Bologna to her and she accepted.
That morning I arrived a few minutes early to get a comfortable table; in the meantime I started reading the newspaper. It didn't take long to arrive, I immediately met his gaze: he gave me a radiant smile.
"Take something?" I asked her.
«Just a coffee…» she said dejectedly.
"Sure…?" I replied. Getting no response other than a sad smile, I got up to go to the counter to order.
«Two coffees and a cream donut for me...» I said to the waitress. I didn't have time to finish the sentence when she immediately added: "get me another one too!". This sign of a fluctuating relationship with sweets intrigued me. I would certainly have the opportunity to understand this and other details in future conversations.
We hadn't seen each other for a long time and we struggled a bit to start a discussion; there was that feeling of slight embarrassment that naturally arose between two people who were not too (or no longer) close.
Despite this, while I was describing my new job and the last few months, she spoke to me about her life in Ferrara. She expressed a certain disappointment mixed with a bit of anger when describing some of those events and the people who were close to her. Now, however, she seemed relieved to be away from that environment, even if only temporarily.
In fact, I remembered that she was continuing her higher studies at the Ferrara Conservatory; After finishing high school she moved there. She must have finished those too by now, I thought, and in fact she told me that she had graduated in November of the previous year. Now he was continuing to obtain the highest academic title, which I don't know exactly what it is for AFAM 1 and those various devils.
In short, we updated ourselves on our respective situations, chatting about this and that and asking each other if we were still hearing from this or that other person. In particular I asked her about Clara, who I remembered was a great friend of hers with whom she had gone to study in Ferrara; yet he started to end the conversation immediately, as if she didn't like talking about it.
After a while we said goodbye with the promise to talk again as soon as possible, commitments permitting. We left each other our phone numbers, or rather we confirmed each other's numbers, already having it in our address book.

1 AFAM (acronym for Alta Formazione Artistica e Musicale, “Higher Artistic and Musical Education”) indicates all higher university studies in the artistic and musical field.

Chapter 3
This time I was the one who took the first step. Thursday night, after dinner, I wrote to her asking if she already had plans the following evening, while I was left alone and didn't know what to do. I explained to her that the roommate was going out with the girl while the other friends were at a birthday party at the seaside, at least those who don't work on Saturdays.
Luckily she answered me positively; She too hadn't decided exactly what to do, and she told me that she would like to go out even just for an aperitif. We therefore agreed to meet the next day at 6pm in a quiet place in the centre.
She showed up at the appointment in a stunning manner. I remembered her elegance in dressing: while other girls dressed in the same way would have been flashy, she still remained surprisingly discreet. She had black leather trousers, which were quite tight, and over a very large white linen shirt, light but not transparent, it covered her entire torso, also hiding her butt. I was sure, however, that under that shirt there was a large belly constricted by the zipper of her trousers. In fact, her size couldn't be deceiving it was incredible to think how her waistline had doubled compared to when I met her first time.
We sat at the table, I ordered a Negroni while she ordered a Hugo. We spoke very amicably, and so the cocktails followed one after the other, both for me and for her. It was refreshing to see that she wasn't ashamed of drinking too much or putting on an attitude. However, I couldn't help but notice that she refused to eat the chips and other snacks we were served. To which I told her explicitly: «Eat something! Otherwise I'll do everything myself..." but she made a gesture with her hand as if to say "I don't like it". Even the facial expression had immediately changed.
I realized I had touched a sore point and I apologized for it. She responded by downplaying the matter a bit, making it clear that she had overreacted. A smile from both of them was enough to ease the tension.
To which I asked, somewhat ironically: "I don't know about you, but I'm getting hungry... at this point, however, I don't know if I can ask you to go and eat something."
Elena didn't answer me immediately, but looked at the phone for a moment, thoughtfully. Then when she realized the time she jumped up: "Damn, it's already past 8pm!" We looked at each other quizzically, trying to figure out what each other wanted. It was she who took the initiative and said to me: «Well, I don't have any commitments… if you know a good place nearby…»
When I replied: «There's a pizzeria nearby... if you are satisfied...»
«Of course, it's not a problem for me.»
We got up and went to pay. As we walked towards the club I couldn't help but the size of the girl who was accompanying me. Her waist was wider than her shoulders…

Chapter 4
In the pizzeria everything went smoothly. She got a simple marinara, I got my usual ham and baked potatoes. After leaving the club we were both a little tipsy: we still decided to continue our intoxication in a nearby bar.
I swear with few other people I have found myself drinking this much. It was also unusual for a girl to drink like me: for every thing I took, she ordered another. And viceversa. So it wasn't surprising to find ourselves both quite ** and laughing loudly.
Luckily at some point we left the place and tried to head towards the bus. We weren't to the point of staggering, but I can say that walking wasn't easy, and we had each other's backs.
Once we got on the night bus we sat down and the laughter passed. She realized that it was really very late and asked me if she could stop by: her parents obviously wouldn't have been happy to hear her come into the house **. I replied that I had a sofa bed for guests and therefore there was no problem, even if initially it took me a little by surprise. Luckily the roommate had to be at his girlfriend's, so we wouldn't have disturbed anyone.
The mood had definitely changed along the journey. She almost looked a little sad, while I felt tired. It was almost three in the morning and we had been out and about for nine hours…
We climbed the stairs of the apartment building with a bit of exhaustion. Once we entered the apartment, I quickly showed Elena the room, who immediately dropped onto the sofa. I went to get a glass of water in the kitchen and asked her if she needed anything, but she laconically replied no. When I returned I sat next to her and noticed that she was staring into space.
After a while she leaned towards me and I noticed that she was crying. I had to make a certain effort, because I was certainly not used to such close physical contact with a girl, especially in such emotional tension.
«Forgive me... it's been a difficult time lately...» she started to apologize. I hugged her and tried to find some words to console her; in vain however, because she immediately began speaking again.
«I feel so ugly sometimes… there's no boy who likes me…» she sobbed.
«But it's not true...» I replied.
«But how! I gained 40 kilos! I'm horrible! Fat! I can't please anyone!»
«What are you saying! Calm down, come on...» I replied. She continued to cry, putting her hands in her face and hair. Little by little the sobs subsided.
«Do you need to talk? I'm happy to listen to you» I told her. She calmed down for a moment, and asked me: «Are you sure? I wouldn't want to bore or annoy you...»

 

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